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San paolo Bari

San Paolo
 
Allegato
 

 
Disegno di Sergio Toppi
 

 

«Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura»(Mc 16, 15).
«Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando ritornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi» (Lc 9, 26).

«Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.
Ti seguirò ovunque tu vada»
C'è qualcosa di radicale nella vocazione a seguire Gesù (è una caratteristica di ogni cristiano autentico) che ci sconvolge. Si potrebbe essere tentati di invocare una particolarità di modo di pensare, perfino di linguaggio, per addolcire o stemperare gli argomenti del Vangelo. Eppure abbiamo ogni interesse a prendere il Vangelo per ciò che è, ed approfittare della sua freschezza, del suo vigore. Seguire Cristo non è una cosa come un'altra, che si possa conciliare con esigenze parallele o contrarie. Chi intraprende questo cammino deve sapere fin dall'inizio che sarà il discepolo di un povero che non ha un luogo dove posare il capo, di un uomo che ha saputo non senza pericolo rompere certi legami, e che, una volta impegnatosi in una missione, non si è più guardato alle spalle. Ci si abitua troppo facilmente a vedere i cristiani prendere e lasciare il messaggio evangelico; ora, questo disturba e deve disturbare il male che non cerca che di radicarsi in noi. Bisogna rinnovare il nostro impegno battesimale ricevendo per oggi le dure parole di Gesù, ed accettare coraggiosamente di essere dei discepoli che camminano sui suoi passi, sicuri di trovare, oltre il cammino pietroso, la felicità della vera vita.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,51-62)

«Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme. Ti seguirò ovunque tu vada.»
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Dalla Parola del giorno
«Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Senza volgersi indietro
La liturgia di questa domenica ci propone una svolta importante del terzo evangelo. Siamo all'inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Un percorso impossibile dal punto di vista geografico, ma chiaro nel progetto teologico dell'autore. Cioè: Luca non vuole descrivere la mappa stradale e cronologica del Rabbì di Nazareth in cammino verso la Gerusalemme, ma indicare la sua scelta di incamminarsi liberamente verso il luogo della Croce e della Resurrezione. Questo cammino, però, si apre nel segno del rifiuto e dell'incomprensione. Rifiuto dei samaritani che si oppongono all'accoglienza del Rabbì Gesù a causa della direzione del suo cammino; incomprensione dei discepoli che non hanno capito la novità di Gesù e vogliono mettere a fuoco e fiamme i samaritani. (Beh, direi che come inizio non è male...) Lungo questo cammino avvengono tre incontri, tre brevi dialoghi accumunati dal tema della sequela e dall'estrema radicalità delle condizioni per seguire il maestro. Mi piace far notare che dei tre interlocutori non si sa nulla: né la loro identità, né la loro scelta definitiva. Tutto è centrato sulle esigenze della vita del discepolo, sulla serietà della missione. Luca ci sta preparando al brano dell'invio dei settantadue, che ascolteremo la prossima settimana (cfr. Lc 10, 1ss). Nel primo incontro si sottolinea che il discepolo è esposto alla precarietà e all'insicurezza. Chi sceglie di seguire Gesù si deve scordare le comodità e la quiete. La vita cristiana è disponibilità incondizionata: "dovunque tu vada". Interessante: fin quando il Signore ci porta su sentieri che ci piacciono e ci gratificano, va tutto bene; ma quando la Sua Parola ci punzecchia, ci fa intuire che qualcosa non va, che bisogna cambiare traccia o fermarsi un po' per fare il punto della situazione, allora iniziano i problemi. Faccio finta di nulla? Avrò capito bene? Forse ho mangiato pesante e mi si sono annebbiate le idee? Aspetto un po' e vediamo che succede... E poi non è così grave! Così si è solo discepoli di se stessi e delle proprie comodità. Il Rabbì di Nazareth ci chiama alla leggerezza della sequela, ad alzarci dai nostri comodi salotti spirituali, a riprendere il cammino e mettere tutta la nostra fiducia nelle mani del Padre. Il secondo dialogo vuole invece svelare senza ombre il primato assoluto e imbarattabile del Regno di Dio nella vita del discepolo. La risposta di Gesù è assolutamente scandalosa, non solo alla luce della Scrittura Sacra, ma anche per il buon senso. Come si può non dare sepoltura al proprio padre? Ma il Rabbì di Nazareth, come in molte altre occasioni, vuole darci uno scossone. Esagera Gesù, lo sa che abbiamo bisogno di questo. C'è un primato da stabilire nella vita del discepolo, una precedenza assoluta dell'evento del Regno di Dio. Niente, nemmeno la sepoltura al proprio padre, può venire prima dell'annuncio del Regno di Dio. Il discepolo di Gesù è uno con delle priorità ben chiare, stampate a fuoco nella testa e nel cuore. Il terzo colloquio di Gesù è per gli eterni indecisi, per chi rinvia sempre, per chi fa un passo in avanti e due indietro, per chi vive di nostalgie per quello che ha lasciato e non si permette di gustare la novità, per chi vede passare molti treni e non si decide a sceglierne uno. L'esigenze della vita cristiana chiedono coraggio e decisione, non sopportano la sedentarietà e i tentennamenti. Se ti volti indietro rischi di uscire di strada, di lasciarti alle spalle il tuo futuro, di nutrirti di nostalgie. Coraggio, cari amici, la Parola ci chiama ad una verifica coraggiosa della nostra vita di discepoli. Lasciamoci mettere in crisi, senza paura. Lo Spirito ci chiama alla novità.
Buona settimana
don Roberto Seregni
Pietà Gesù, maestro pellegrino, avevo capito male! Pensavo che seguirti mi avrebbe "sistemato", dato una occupazione, successo, potere, gratificazione. Gesù, a tutti annunci, tutti esorti alla tua sequela, ma inviti a stare con te solo chi chiami, per condividere il tuo programma, la tua vita, finanche la tua fine. Quanti si presentano da sé, motivati da falsi bisogni e "sante aspirazioni" son dispensati. Pietà Gesù rifiutato e ramingo, credevo che seguirti mi avrebbe dato sicurezza, un tetto, viaggi, avventure, seppellire i miei fantasmi e le mie paure, coltivarmi affetti ed interessi, ogni tanto voltarmi indietro! Abbi pazienza con me Signore, ne hai avuto così tanta! Anche con quanti ti hanno rifiutato, perché dovevi "visitare" altri! E con quanti del fuoco volevano fare un vessillo e non per innalzare bandiere d'amore! Signore Gesù, aiutami ad uscire fuori dalla "tana" delle mie certezze. Aiutami ad abbandonare il "nido" dei legami e delle gratificazioni, dei bei ricordi e del passato, che mi impediscono d'andare! Convincimi a non dare ascolto a tutto quanto ostacola il cammino: nostalgie e rimpianti. Convinci il mio cuore a non riconoscere nessuna paternità (tradizioni, precetti, preconcetti e buon senso), se non quella offertami dalla tua buona e bella notizia. "Rendi duro il tuo volto" mite Gesù, ancora, non per rimproverarmi il mio peccato, per carità, ma per ostentare determinato la grazia del perdono. ed esortarmi a non mollare, mai, e continuare il cammino. Amen.
Può apparire duro il Vangelo di oggi, ma quanto è dolce sentire Gesù che si rivolge a me, a te, con quel "seguimi". Piace farvi dono di una riflessione di Paolo VI che, un giorno di Quaresima, così chiedeva a chi lo ascoltava: "Noi vorremmo rivolgerci singolarmente a ciascuno per parlare a voce sommessa al cuore e dire: tu segui e accetti il Signore? Credi in Lui? Gli vuoi bene? Pensi alle sue parole? Sono esse vere per te, o passano invece come farfalle senza mèta? Sono effettivamente il colloquio con Dio? Riguardano la tua esistenza? Incalzano sopra di te e riescono ad ottenere che tu abbia a modellare la tua vita ai disegni di Dio? Si tratta ora di vedere quale è la nostra risposta al Signore e quali sono gli ostacoli da eliminare, perché sia una risposta degna di Lui" .

Disegno di Sergio Toppi

Il gaudio dello spirito si riflette sopra tutte le facoltà e tutto l'essere umano. La mente ordinata alla verità, la volontà ordinata al bene, il sentimento ordinato al bello e alla gioia. (Vita Pastorale, novembre 1952)

"È triste dover vedere come l'esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell'annuncio gioioso del perdono".
Bolla di indizione del Giubileo straordinario, Misericordiae Vultus - 11 aprile 2015
Se ti amo ti ho nel cuore e se ti ho odio ti ho nella mente.
«Ebbi lo scompartimento del treno tutto per me. Poi salì una ragazza», raccontava un giovane indiano cieco. «L'uomo e la donna venuti ad accompagnarla dovevano essere i suoi genitori. Le fecero molte raccomandazioni. Dato che ero già cieco allora, non potevo sapere che aspetto avesse la ragazza, ma mi piaceva il suono della sua voce». «Va a Dehra Dun?», chiesi mentre il treno usciva dalla stazione. Mi chiedevo se sarei riuscito a impedirle di scoprire che non ci vedevo. Pensai: se resto seduto al mio posto, non dovrebbe essere troppo difficile. «Vado a Saharanpur», disse la ragazza. «Là viene a prendermi mia zia. E lei dove va?». «A Dehra Dun, e poi a Mussoorie», risposi. «Oh, beato lei! Vorrei tanto andare a Mussoorie. Adoro la montagna. Specialmente in ottobre». «Sì è la stagione migliore», dissi, attingendo ai miei ricordi di quando potevo vedere. «Le colline sono cosparse di dalie selvatiche, il sole è delizioso, e di sera si può star seduti davanti al fuoco a sorseggiare un brandy. La maggior parte dei villeggianti se n'è andata, e le strade sono silenziose e quasi deserte». Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole l'avessero colpita, o se mi considerasse solo un sentimentaloide. Poi feci un errore. «Com'è fuori?» chiesi. Lei però non sembrò trovare nulla di strano nella domanda. Si era già accorta che non ci vedevo? Ma le parole che disse subito dopo mi tolsero ogni dubbio. «Perché non guarda dal finestrino?», mi chiese con la massima naturalezza. Scivolai lungo il sedile e cercai col tatto il finestrino. Era aperto, e io mi voltai da quella parte fingendo di studiare il panorama. Con gli occhi della fantasia, vedevo i pali telegrafici scorrere via veloci. «Ha notato», mi azzardai a dire «che sembra che gli alberi si muovano mentre noi stiamo fermi?». «Succede sempre così», fece lei. Mi girai verso la ragazza, e per un po' rimanemmo seduti in silenzio. «Lei ha un viso interessante» dissi poi. Lei rise piacevolmente, una risata chiara e squillante. «È bello sentirselo dire», fece. «Sono talmente stufa di quelli che mi dicono che ho un bel visino!». «Dunque, ce l'hai davvero una bella faccia», pensai, e a voce alta proseguii: «Beh, un viso interessante può anche essere molto bello». «Lei è molto galante», disse. «Ma perché è così serio?». «Fra poco lei sarà arrivata», dissi in tono piuttosto brusco. «Grazie al cielo. Non sopporto i viaggi lunghi in treno». Io invece sarei stato disposto a rimaner seduto all'infinito, solo per sentirla parlare. La sua voce aveva il trillo argentino di un torrente di montagna. Appena scesa dal treno, avrebbe dimenticato il nostro breve incontro; ma io avrei conservato il suo ricordo per il resto del viaggio e anche dopo. Il treno entrò in stazione. Una voce chiamò la ragazza che se ne andò, lasciando dietro di sé solo il suo profumo. Un uomo entrò nello scompartimento, farfugliando qualcosa. Il treno ripartì. Trovai a tentoni il finestrino e mi ci sedetti davanti, fissando la luce del giorno che per me era tenebra. Ancora una volta potevo rifare il mio giochetto con un nuovo compagno di viaggio. «Mi spiace di non essere un compagno attraente come quella che è appena uscita», mi disse lui, cercando di attaccar discorso. «Era una ragazza interessante», dissi io. «Potrebbe dirmi... aveva i capelli lunghi o corti?». «Non ricordo», rispose in tono perplesso. «Sono i suoi occhi che mi sono rimasti impressi, non i capelli. Aveva gli occhi così belli! Peccato che non le servissero affatto... era completamente cieca. Non se n'era accorto?».
Bruno Ferrero


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